Le differenze tra il vetro artistico artigianale e le produzioni industriali su larga scala sono numerose: la lavorazione individuale di ogni singolo prodotto, effettuata totalmente a mano, richiede infatti metodi e tecniche completamente differenti da quelli industriali.
Produrre a mano significa modellare il materiale che andrà a comporre il prodotto artistico finale in ogni sua parte, compreso ogni più piccolo dettaglio. Per questo motivo il maestro vetraio impiegherà tempi e fasi superiori rispetto alla grande industria, con un maggiore impegno in termini di fatica fisica e con l’eventualità di dovere apportare correzioni durante la creazione dell’oggetto.
Queste differenze si possono ricondurre a tre caratteristiche fondamentali del vetro artistico di Murano.
Da quel momento, la vetreria si sviluppò in due direzioni: da un lato continuò l’antica tradizione del vetro artistico muranese, con i classici bicchieri soffiati, i vasi, i piatti, le alzate e i lampadari veneziani; dall’altro accolse le suggestioni dell’arte contemporanea, sotto la spinta della continua ricerca di nuove tecniche ed effetti resi possibili dalla materia vitrea.
Si svilupparono così proficue collaborazioni con artisti e designer. Dal 1953 al 1958 con l’artista e scultore Napoleone Martinuzzi, che creò figure femminili in vetro massiccio, pannelli decorativi in bassorilievo e grandi lampadari. Ancora, con il pittore Luigi Scarpa Croce, che ideò nuove forme in vetro sommerso. Oppre, dal 1954 al 1962, con il designer Fulvio Bianconi, le cui creazioni vennero esposte alla Biennale nel 1954.